Nella seconda metà dell’‘800 fondazioni e musei finanziavano la
realizzazione di raccolte fotografiche di quelle che erano considerate
culture ‘in via di estinzione’. I fotografi che si recavano in Africa,
Asia, Oceania avevano come scopo quello di realizzare un campionario di
tipi e culture umane. In verità tali immagini vennero spesso realizzate
‘in studio’, con evidente disinteresse per il contesto di vita reale dei
soggetti ripresi. I soggetti indossavano vestiti e ornamenti che talora
non erano propri della loro cultura, ma di altre limitrofe, e lo sfondo
retrostante era dipinto con paesaggi che avrebbero dovuto riprodurre il
presunto ambiente naturale della loro esistenza.
Il concetto di ‘staged authenticity’ viene applicato ad un’altra
invenzione, quella della recitazione di sé da parte del soggetto del
film documentario, che vede protagonista negli anni ’20 il regista
Robert J. Flaherty. Flaherty girò una serie di sequenze che ritraevano
il paesaggio e la vita degli Inuit. L’identità culturale degli eschimesi
veniva messa in scena con gli Inuit che negoziavano con il regista le
modalità di ripresa, col fine di entrambi di costruire una
rappresentazione che restituisse contemporaneamente il proprio sguardo
sull’identità dell’altro, lo sguardo altrui su di sé e infine la
collaborazione tra i due.
Il progetto ‘Staged authenticity’ è animato dallo stesso intento: esso
vuole restituire, in forma di immagini fotografiche e video, l’identità
culturale di diversi individui in un centro periodo della loro esistenza
- l’identità culturale che sappiamo essere fluida, dinamica, in
costante trasformazione - attraverso la ‘messa in scena’ di sé
all’interno di un contesto costruito in collaborazione con la
antropologa/fotografa/regista, in cui trovano spazio quelli che i
soggetti ritengono essere gli elementi simbolici fondamentali del loro
immaginario di sé, così come la dimensione culturale della loro memoria e
del loro desiderio.
Obiettivo del lavoro è descrivere l’identità (al momento delle riprese)
dei partecipanti attraverso la messa in scena - da parte loro - di sé
con oggetti, abbigliamento, posture e racconto personale.
Ogni partecipante verrà ripreso/a in un’apposita sessione dedicata
soltanto a lui/lei. In tale sessione la persona costruirà la propria
rappresentazione culturale di sé secondo i propri desideri
(abbigliamento, pettinatura, posture, sfondo, oggetti ecc.) quindi verrà
ripresa/fotografata mentre racconta/usa lo spazio scenico per parlare
della propria identità.
Per partecipare scrivere a cbalmativola(at)yahoo.com
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